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LE DONNE DEL LATTE DI SESANA

Ancora qualcosa sul latte

Una volta, avere una mucca da latte significava avere una fonte di guadagno. Quando avevo 15 anni, ogni giorno alle cinque del mattino andavo a Trieste in bicicletta a vendere latte. Certo non ero l'unica, lo facevano quasi tutti i ragazzi di quell'eta'. A quei tempi erano rari i bambini che avevano la possibilita' di andare a scuola. Non c'erano soldi, e si viveva del lavoro dei campi, che richiede molto impegno e molte braccia. Percio' noi ragazzi stavamo a casa e aiutavamo i nostri genitori.

il pascolo
Bambini al pasolo: Disegno di LuKa Kralj

In quei tempi erano pochi quelli che non avevano mucche e quindi non avevano latte. La quantita' di latte che dava la mucca dipendeva dal tipo di cibo e anche dalla razza della mucca. Il periodo in cui la bestia dava piu' latte era durante il pascolo all'aperto, sempreche fosse, naturalmente, una mucca da latte. Mungevamo le mucche tre volte al giorno, e cioe' la mattina - circa alle cinque, poi verso l'una del pomeriggio e infine intorno alle otto di sera. Era molto importante mungere bene la mucca, perché se del latte rimaneva nelle mammelle poteva provocare un'infiammazione, e allora bisognava chiamare il veterinario. E questo cercavamo di evitarlo, perché dovevamo fare molta attenzione a tutte le spese. Una buona mucca da latte dava circa 13 litri di latte al giorno. Una volta all'anno la mucca veniva "lasciata libera", cioe' veniva fatta accoppiare.

La stalla
Nella stalla .Disegno di Simon Siviz Ko¹uta.

 

Quando il vitellino nasceva, all'inizio succhiava il latte della mamma, ma non lo succhiava mai tutto. Percio' dovevamo "svuotare" la mucca, cioe' mungerla fino in fondo, proprio per evitare che le venisse un'infiammazione. Alcune settimane dopo la nascita, il latte era diverso da quello di ogni giorno: era di consistenza piu' leggera e forse aveva un colore un po' piu' giallo. La chiamavano "kalada".Anche se c'era abbastanza latte per tutti, in realta' a casa ne bevevamo poco. Il latte bisognava portarlo a Trieste, dove avevamo i nostri clienti. A queste famiglie portavamo il latte ogni giorno. Io andavo con una bicicletta che era stata attrezzata appositamente per questo lavoro. Aveva un "contropedale" e al lato di ogni ruota dei contenitori adatti a mettere i recipienti del latte che venivano comunque legati. Ne portavamo anche dell'altro davanti, fissato al manubrio.

Il vitellino
La mucca e il vitellino.Disegno di Veronika Krizman.

Una volta sono riuscita a portare a Trieste 65 litri in una volta sola: avevo 4 vasi da 15 litri (due da ogni lato della ruota posteriore della bicicletta) e un vaso da 12 litri davanti, sul manubrio. Quando la mucca aveva gia' avuto il vitellino e la kalada, era gia' diventato quasi latte normale (ma non ancora cosi' forte - denso - come sempre), portavo questo latte alle famiglie che avevano bambini piccoli proprio perché era piu' leggero.

La mungitura
La mungitura.Disegno di Jessica Kri¾manèiè.

 

Lo portavo in bottiglie da due litri, sulla parte posteriore della bicicletta, che chiamavamo portapachi Andando a Trieste, o anche in citta', qualche volta avevamo delle ispezioni a sorpresa: i Commissari ci fermavano e ci controllavano davanti a tutti. Se accertavano che il latte non era buono (cioe' che non aveva le caratteristiche prestabilite), dovevamo pagare la multa, davanti a tutti.

In Biciletta
In bicicletta a Trieste. Disegno di Amerigo Ladi Cecotto.

 

A me e' capitato un controllo soltanto una volta, e per fortuna il latte era a posto. Una cura particolare bisognava mettere nella pulizia del contenitore del latte. Quando tornavamo dalla citta', lavavamo immediatamente i vasi in un grande mastello con acqua e soda. Li lavavamo con una spugna che usavamo soltanto per pulire questi contenitori. Dopo averli lavati, li risciacquavamo, li facevamo scolare e lasciavamo che si asciugassero da soli. Non usavamo mai delle spugne per asciugarli.

A Trieste

A Trieste. disegno di Nicol Kralj.

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